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Agosto 2010: tre settimane in Brasile. Un paese immenso, di cui abbiamo visitato solo una piccola parte, diverso da posto a posto. Clima, paesaggi, abitudini, popolazioni, cibo variano alle diverse latitudini. Le quattro zone in cui siamo stati sono geograficamente molto distanti tra loro e quindi con peculiaretà molto differenti. La nostra impressione è che la cosa che le accomuna è il carattere aperto e amichevole dei brasiliani.
Perchè un viaggio in Brasile? Spinti dalle letture di Jorge Amado, attirati dal mito Amazzonia visto in Fitzcarraldo, dalle lotte del Movimento Sem Terra e curiosi di vedere un paese la cui cultura è frutto di un mix di popolazioni native, discendenti dei portoghesi colonizzatori, di migranti di tutta Europa, degli schiavi deportati dall'Africa.
Partendo dal presupposto che preferiamo viaggiare in modo responsabile e se possibile solidale, che non ci interessano i grandi alberghi abbiamo scelto di partire con Viaggi Solidali. Questa scelta ci ha dato la possibilità di visitare progetti gestiti da ONG italiane e brasiliane, aiutandoci a vedere il Brasile oltre i luoghi comuni. Crediamo di esserci riusciti, anche se il rapporto spazio-temporale ci ha costretto a viaggiare con ritmi molto serrati e non sempre abbiamo potuto soffermarci in posti che avrebbero meritato un passaggio più rilassato. Abbiamo incontrato persone che lottano tutti i giorni per migliorare le condizioni di vita di agricoltori che non hanno terra da coltivare, di cittadini senza casa, di bambini abbandonati a se stessi. Siamo entrati in qualche favela (che sarebbe opportuno chiamare comunità) in cui ci sono progetti di riscatto, abbiamo visto la miseria. Ci siamo chiesti anche che senso avesse farlo: il rischio era di sembrare alieni che vanno morbosamente a curiosare nelle disgrazie altrui, oppure turisti che visitano una favela così come si visita Copacabana o il Pelourinho: attrattive turistiche famose nel mondo. Forse la presenza in questi posti, insieme a operatori e militanti che si battono quotidianamente a fianco di chi rivendicando diritti aspira a una vita migliore, può insegnarci il valore della lotta, non solo in posti lontani ma qui e ora! E, speriamo, sia stato inteso come un segno di solidarietà la nostra voglia di conoscere. 
Ho fatto poche foto nelle favelas e mai che ritraessero persone: o sei Sebastiao Salgado e riesci a raffigurare la dignità o rischi di fare pessime foto, svilendo quella che è la realtà. E io non sono Salgado. (Nota di Enzo)

Agosto 2010